Le attività
PERCORSI DI CULTURA IN MONTAGNA - I SOSTA
Andare in montagna, un'espressione declinata da molti e in modi diversi. Con piacere vi parliamo della riflessione che, a questo proposito, la sezione CAI di Palestrina sta cominciando grazie a una nuova iniziativa. Si tratta di un percorso immaginato come una salita alpinistica, che si svolge attraverso un'alternanza di progressione e soste, laddove la sosta rappresenta non solo un luogo fisico in cui riposare, ma anche il momento in cui si riflette sull'andamento generale della salita, sul tratto appena percorso e su quanto ci sia ancora da affrontare. Allo stesso modo, l'attività proposta, ha l'obiettivo di fornire ai soci degli ancoraggi da cui partire per sviluppare la propria idea dell'andare in montagna. Questi ancoraggi sono rappresentati dalla conoscenza dell'alpinismo, della sua storia e del legame con l'ambiente economico, sociale e politico in cui si sviluppa. Si tratta, dunque, di considerare l'alpinismo come fenomeno umano e quindi culturale, con regole e valori propri e condivisi, che possono cambiare nel tempo e nello spazio, ma che conservano un filo conduttore. Il nostro filo conduttore è il Club Alpino Italiano. La conoscenza del CAI, della sua storia, dei suoi cambiamenti e dell'alpinismo che ha favorito, è ciò che ogni socio dovrebbe avere nello zaino per avventurarsi in montagna in modo consapevole, e per sentirsi parte di una comunità riconosciuta e riconoscibile. I percorsi di cultura in montagna si articolano lungo due traiettorie: da un lato una serie di incontri di approfondimento storico, dall'altro serate di scambio di esperienze significative relative alla montagna. Mercoledì 25 gennaio, nella sezione CAI di Palestrina, si è svolto il primo incontro. L’ONCN, Vincenzo Abbate, ha "attrezzato la prima sosta" introducendo i soci alla storia dell'alpinismo e del Club Alpino Italiano, per poi approfondire la nascita e lo sviluppo della sezione di Palestrina.
Il discorso ha preso le mosse dal problema delle fonti ufficiali di riferimento, e dalla non facile ricostruzione della storia dell'alpinismo italiano. Questo si caratterizza sin da subito come prevalentemente invernale, laddove gli europei erano soliti effettuare le loro salite sulle alpi durante l'estate. Quintino Sella è il primo personaggio citato, fondatore del Club Alpino Italiano. Il 12/08/1863, con la salita del Monviso, nasce, in un ambiente privilegiato (nobiltà e alta borghesia), la più antica associazione sul nostro territorio nazionale, che conta, per i primi anni, pochi iscritti ma vanta una notevole importanza. L'istituzione, nel 1904, del CAAI, Club Alpino Accademico Italiano, favorisce lo sviluppo dell'alpinismo autonomo e consapevole, senza guide. Nel passaggio verso la seconda guerra mondiale, invece, il Club subisce l'influenza del fascismo: dal 1930 al 1943 il presidente è Angelo Manaresi, uomo del regime, che informa delle proprie convinzioni il CAI e il senso dell'alpinismo di quegli anni. Tuttavia, in controtendenza, all'interno del Club crescono anche delle forme di resistenza, sebbene non organizzate. A questo proposito è stata ricordata la figura di Ettore Castiglioni, intellettuale antifascista oltre che esperto alpinista dolomitico. Successivamente Enzo Abbate, attraverso cenni sulla storia del CAI del secondo dopoguerra, ci ha condotti fino alla nascita della Sezione di Palestrina, nel 1983. Le attività della sezione, inizialmente, si caratterizzavano per il loro interesse naturalistico. In particolare sono state ricordate importanti ricerche sulle orchidee selvatiche e su alcune specie di volatili presenti sul territorio. Altrettanto importante è stata la proficua esplorazione dei monti Caprini: questa lunga attività, ancora in essere, ha permesso la scoperta di luoghi dall'ambiente unico come i Fossi rocciosi e si è tradotta nella realizzazione di una carta dei sentieri pubblicata dall'importante casa editrice romana Edizioni Il Lupo. La storia della sezione si è conclusa con una descrizione della Mora di Guadagnolo, falesia su cui tanti alpinisti hanno poggiato le proprie mani e che ha assunto grande importanza anche per lo sviluppo dell'arrampicata sportiva. Nonostante la ricchezza e la complessità degli argomenti trattati, la serata ha visto la partecipazione attiva e interessata di decine di soci. Li ringraziamo con l'augurio di rivederli tutti (e anche di più) in occasione della prossima sosta/incontro che si terrà mercoledì 1 febbraio alle ore 19.00 presso la sede CAI di Palestrina. Ringraziamo, inoltre, gli organizzatori e il relatore per la disponibilità e l'impegno.
PERCORSI DI CULTURA IN MONTAGNA - II SOSTA.
Prosegue il percorso culturale della sezione Cai di Palestrina. Ancora tanta partecipazione di soci e non solo al secondo incontro, tenuto dall' ONCN Vincenzo Abbate. Questa seconda "sosta" ci ha offerto un'approfondita disamina delle modalità e degli strumenti che storicamente il Cai ha utilizzato per descrivere itinerari, salite, paesaggi, luoghi in generale. Siamo partiti da un'importante collana letteraria: le cosiddette "Grigie", meglio conosciuta come "Guida dei monti d'Italia". Edita congiuntamente dal Club Alpino Italiano e dal Touring Club, è una completa e sistematica descrizione del territorio montano italiano. Tra coloro che hanno dato il contributo maggiore spiccano Ettore Castiglioni e Gino Buscaini. Il primo, alpinista di grande livello e intellettuale raffinato, ha fornito un contributo fondamentale anche sotto il profilo editoriale (ormai introvabile è la sua guida dedicata alla Marmolada del 1937). Il secondo, anch'egli alpinista, ha coordinato l'opera con grande dedizione e notevoli risultati quasi fino ai giorni nostri. Oggi, la Guida dei monti d'Italia non esiste più: il Cai ha rinunciato a uno strumento importante e riconosciuto anche al di fuori dell'ambiente alpinistico. Di impostazione simile alle “Grigie” è il lavoro svolto da Enrico Alessandro Abbate, segretario sezionale di Roma per molti anni. Sue la "Guida del Gran Sasso", la "Guida della provincia di Roma" e la "Guida dell'Abruzzo", estremente dettagliate e approfondite, che ancora oggi destano interesse e curiosità. Per la loro stesura, Abbate ha saputo attingere a conoscenze scientifiche, storiche e geografiche. Si tratta di un'opera monumentale e basilare, capostipite della letteratura escursionistica e alpinistica dell'Appennino centrale. "Guida dell' Appennino centrale" è il titolo della “Grigia” edita nel 1955 per opera di Carlo Landi Vittori. Un importantissimo contributo in termini metodologici, in quanto introduce alcune novità descrittive: l'attenzione si focalizza anche sugli aspetti tecnici della salita alpinistica (difficoltà, tipo di progressione, pericoli della via di salita). Successivamente, si fa strada una nuova concezione della guida al territorio montano. Nel 1960, a soli 5 anni dal lavoro di Landi Vittori, viene pubblicata la "Guida al sottogruppo del Monte Vettore": la prima opera monografica in tema di vie di montagna. A differenza delle guide classiche degli anni precedenti, quello in questione è un libro di piccole dimensioni e di facile utilizzo, interamente dedicato a un singolo gruppo montuoso. Questo lavoro ha voluto e ha saputo dimostrare che anche le montagne dell'Appennino possono essere descritte come quelle alpine, e che hanno la medesima dignità alpinistica. Non si tratta, dunque, soltanto di un diverso stile letterario, ma di una visione alternativa della montagna. Il GAP (Gruppo Alpinisti Piceni) è stato il portatore di questo nuovo punto di vista, che ha posto l'accento sull'importanza della conoscenza diretta dei monti che si descrivono. Il nostro percorso è proseguito lungo una linea cronologica che ci ha portati più vicino ai nostri giorni. Vincenzo Abbate ci ha illustrato l'importanza delle riviste del Cai, sottolineando come queste abbiano interagito con i vari momenti storici che hanno attraversato. Durante gli anni 70, scriveva sulle riviste del Cai, tra gli altri, Giampiero Motti, colto frequentatore della montagna. I suoi articoli, in particolare "Il nuovo mattino", hanno contribuito a diffondere l'etica dell'arrampicata californiana, che si sviluppava in quegli anni nella Yosemite valley, e che assegnava esplicitamente una dignità propria alla salita libera sul granito svincolata dalla conquista di una vetta. Oggi, il ruolo di guida del Cai sotto il profilo culturale, appare più debole; ne è un indicatore l'abbandono del progetto editoriale delle "Grigie". Attualmente, il Club Alpino Italiano si trova a confrontarsi con la commercializzazione dell'alpinismo e della montagna in generale, che stravolge il senso dell'approccio al territorio montano e introduce criteri competitivi, spettacolari e consumistici. Il web è spesso la cassa di risonanza di questo tipo di cultura, ed è assai difficile porvi dei limiti. Questo non vuol dire che non vi siano pubblicazioni di valore nel panorama attuale. In particolare, per quanto riguarda l'appennino centrale, alcune opere sono da menzionare. Quella di Stefano Ardito, ad esempio, ha il pregio di aver saputo utilizzare l'approccio commerciale a vantaggio del territorio. Degno di nota, negli ultimi anni, è anche il contributo del periodico della sezione Cai di Roma "L'appennino". Di carattere diverso, e più esplicitamente volta a valorizzare il lavoro degli alpinisti che vi hanno operato negli utlimi 30 anni, è "Monte Terminillo" di Vincenzo Abbate. Ispirata alla precedente opera di Roberto Marinelli, questa monografia recupera l'aspetto esplorativo e valorizza la conoscenza dettagliata delle montagne. Quest'ultimo tema sarà tra quelli trattati nel prossimo incontro, che si terrà mercoledì 8 febbraio presso la sede della sezione Cai di Palestrina. Prosegue il percorso culturale della sezione Cai di Palestrina. Ancora tanta partecipazione di soci e non solo al secondo incontro, tenuto dall' ONCN Vincenzo Abbate. Questa seconda "sosta" ci ha offerto un'approfondita disamina delle modalità e degli strumenti che storicamente il Cai ha utilizzato per descrivere itinerari, salite, paesaggi, luoghi in generale. Siamo partiti da un'importante collana letteraria: le cosiddette "Grigie", meglio conosciuta come "Guida dei monti d'Italia". Edita congiuntamente dal Club Alpino Italiano e dal Touring Club, è una completa e sistematica descrizione del territorio montano italiano. Tra coloro che hanno dato il contributo maggiore spiccano Ettore Castiglioni e Gino Buscaini. Il primo, alpinista di grande livello e intellettuale raffinato, ha fornito un contributo fondamentale anche sotto il profilo editoriale (ormai introvabile è la sua guida dedicata alla Marmolada del 1937). Il secondo, anch'egli alpinista, ha coordinato l'opera con grande dedizione e notevoli risultati quasi fino ai giorni nostri. Oggi, la Guida dei monti d'Italia non esiste più: il Cai ha rinunciato a uno strumento importante e riconosciuto anche al di fuori dell'ambiente alpinistico. Di impostazione simile alle “Grigie” è il lavoro svolto da Enrico Alessandro Abbate, segretario sezionale di Roma per molti anni. Sue la "Guida del Gran Sasso", la "Guida della provincia di Roma" e la "Guida dell'Abruzzo", estremente dettagliate e approfondite, che ancora oggi destano interesse e curiosità. Per la loro stesura, Abbate ha saputo attingere a conoscenze scientifiche, storiche e geografiche. Si tratta di un'opera monumentale e basilare, capostipite della letteratura escursionistica e alpinistica dell'Appennino centrale. "Guida dell' Appennino centrale" è il titolo della “Grigia” edita nel 1955 per opera di Carlo Landi Vittori. Un importantissimo contributo in termini metodologici, in quanto introduce alcune novità descrittive: l'attenzione si focalizza anche sugli aspetti tecnici della salita alpinistica (difficoltà, tipo di progressione, pericoli della via di salita). Successivamente, si fa strada una nuova concezione della guida al territorio montano. Nel 1960, a soli 5 anni dal lavoro di Landi Vittori, viene pubblicata la "Guida al sottogruppo del Monte Vettore": la prima opera monografica in tema di vie di montagna. A differenza delle guide classiche degli anni precedenti, quello in questione è un libro di piccole dimensioni e di facile utilizzo, interamente dedicato a un singolo gruppo montuoso. Questo lavoro ha voluto e ha saputo dimostrare che anche le montagne dell'Appennino possono essere descritte come quelle alpine, e che hanno la medesima dignità alpinistica. Non si tratta, dunque, soltanto di un diverso stile letterario, ma di una visione alternativa della montagna. Il GAP (Gruppo Alpinisti Piceni) è stato il portatore di questo nuovo punto di vista, che ha posto l'accento sull'importanza della conoscenza diretta dei monti che si descrivono. Il nostro percorso è proseguito lungo una linea cronologica che ci ha portati più vicino ai nostri giorni. Vincenzo Abbate ci ha illustrato l'importanza delle riviste del Cai, sottolineando come queste abbiano interagito con i vari momenti storici che hanno attraversato. Durante gli anni 70, scriveva sulle riviste del Cai, tra gli altri, Giampiero Motti, colto frequentatore della montagna. I suoi articoli, in particolare "Il nuovo mattino", hanno contribuito a diffondere l'etica dell'arrampicata californiana, che si sviluppava in quegli anni nella Yosemite valley, e che assegnava esplicitamente una dignità propria alla salita libera sul granito svincolata dalla conquista di una vetta. Oggi, il ruolo di guida del Cai sotto il profilo culturale, appare più debole; ne è un indicatore l'abbandono del progetto editoriale delle "Grigie". Attualmente, il Club Alpino Italiano si trova a confrontarsi con la commercializzazione dell'alpinismo e della montagna in generale, che stravolge il senso dell'approccio al territorio montano e introduce criteri competitivi, spettacolari e consumistici. Il web è spesso la cassa di risonanza di questo tipo di cultura, ed è assai difficile porvi dei limiti. Questo non vuol dire che non vi siano pubblicazioni di valore nel panorama attuale. In particolare, per quanto riguarda l'appennino centrale, alcune opere sono da menzionare. Quella di Stefano Ardito, ad esempio, ha il pregio di aver saputo utilizzare l'approccio commerciale a vantaggio del territorio. Degno di nota, negli ultimi anni, è anche il contributo del periodico della sezione Cai di Roma "L'appennino". Di carattere diverso, e più esplicitamente volta a valorizzare il lavoro degli alpinisti che vi hanno operato negli utlimi 30 anni, è "Monte Terminillo" di Vincenzo Abbate. Ispirata alla precedente opera di Roberto Marinelli, questa monografia recupera l'aspetto esplorativo e valorizza la conoscenza dettagliata delle montagne. Quest'ultimo tema sarà tra quelli trattati nel prossimo incontro, che si terrà mercoledì 8 febbraio presso la sede della sezione Cai di Palestrina. PERCORSI DI CULTURA IN MONTAGNA - III SOSTA Con l’incontro di mercoledì 8 Febbraio siamo giunti all’allestimento della Terza Sosta riflessiva di questa prima serie di incontri dei Percorsi di Cultura in Montagna. Dei tre, quest’ultimo forse è stato l’incontro più “didattico”, quello cioè che ha soffermato l’indagine su conoscenze più specifiche, scolastiche quasi. Quelle legate alla conoscenza delle Alpi e degli Appennini, e alla riappropriazione di un’alfabetizzazione, relegata troppo spesso a reminiscenze scolastiche. Tentare pertanto un aggiornamento alla lettura di qualche manuale di geografia, non potrà che risultare utile, fondamentale forse, a chi intenda approcciarsi nel variegato mondo degli alpinismi. Si è passati poi ad analizzare la complessità della definizione di “paesaggio” e alle possibili chiavi di lettura di quelli delle montagne italiane, per passare a riflettere, come nella collana dei monti d’Italia C.A.I./T.C.I, dalla cronaca alpinistica si sia passati alla definizione originale di “Geografia Alpinistica”, concetto chissà perché ancora oggi trascurato, dalle varie scuole di pensiero del fare montagna, esistenti all’interno del Club Alpino Italiano. Passaggio obbligato dunque è stato quello di riprendere in mano la vecchia “grigia” edizione 1955 Landi Vittori dedicata alla descrizione dei Monti dell’Appennino Centrale, per analizzarne i suoi criteri descrittivi e per verificare quanto ancora oggi rappresenti, un esempio unico di scrittura dei Monti dell’Appennino Centrale. La relazione ha assunto un tono malinconico, allorquando si è dovuto constatare come la collana editoriale delle Guide dei Monti d’Italia sia stata “svenduta” per essere poi tramortita dall’irrompere nel mercato, di una editoria fatta di scelta d’itinerari con buona pace per le vecchie care “grigie” ove, va ricordato, la descrizione monografia ha sempre tentato di superare una lettura enciclopedica, da sussidiario per intenderci, delle montagne italiane. Tutto a discapito di una conoscenza più consapevole. Un’ ultima riflessione è stata indirizzata alle riviste e alla sempre meno diffusa capacità di queste a presentare “racconti di escursione”, proponendo molto spesso asfittici paesaggi d’oltralpe ( ma noi sottolineiamo altr’Appennino ), conditi da una documentazione fotografica ormai “pornografica” che ha perso, diremmo definitivamente, la capacità di accendere passioni. Come concludere? Elementi di riflessione non sono mancati e la media di 40 soci presenti alle “Soste” ha permesso scambi costruttivi, ma soprattutto la voglia di continuare a camminare insieme, seguendo “tracce di più consapevoli passaggi”. I Percorsi di Cultura in Montagna proseguiranno proponendo incontri mensili per cogliere ed effettuare una serie di “monitoraggi” sulle esperienze culturali che caratterizzano soprattutto le Montagne dell’Appennino Centrale e gli uomini che le frequentano. Si tenterà di offrire una visione differente delle Terre Alte facendo proprie le esperienze vissute da alpinisti, scrittori, fotografi, esploratori e soci, ma soprattutto si cercherà di vivere con spirito diverso le Gite Sociali proposte dal calendario annuale sezionale e farle diventare non solamente esperienza di “turismo sociale” quanto un percorso di crescita e di maturazione individuale anche spirituale. |